ASSOLATTE interviene sulla polemica innescata da “Il Salvagente”

Il recente articolo de “Il Salvagente” sul tema dei residui di sostanze antibiotiche e antinfiammatorie nel latte ha suscitato un notevole clamore nei media e, conseguentemente, allarme nei consumatori.

ASSOLATTE HA CHIESTO AL PROF. ALFONSO ZECCONI DELLA SEZIONE ONE HEALTH DSBCO DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO, UN PARERE IN MERITO.

“Ho visto il clamore mediatico suscitato da quanto riportato da “Il Salvagente”, clamore che ritengo fosse il vero obiettivo di questa operazione.  Infatti, i dati che vengono riportati si riferiscono ad un’indagine svolta nel 2018, pubblicata pochi giorni fa su una rivista scientifica, nella quale per altro non si citano i prodotti come invece si fa nell’articolo de Il Salvagente. Ci si può chiedere quindi come mai, se l’obiettivo è difendere il consumatore e smascherare le truffe (come dice il sottotitolo della rivista), si sia aspettato così tanto tempo per divulgare tali dati. “

Quindi sta dicendo che i dati sono sbagliati?

“Assolutamente no da un punto di vista analitico, ovvero le tecnologie applicate sono senz’altro attuali e accurate. L’articolo scientifico a cui fa riferimento l’inchiesta de “Il Salvagente” da questo punto di vista è ineccepibile. Credo però che il rigore legato alla scelta dei campioni e l’interpretazione dei dati dovrebbero essere valutati con maggiore attenzione. Per esempio, se usiamo i dati proposti da “Il Salvagente” e consideriamo le tecnologie produttive per il latte pastorizzato e UHT, per ottenere le concentrazioni dichiarate di amoxicillina il 35% delle bovine dovrebbe essere stato trattato e il loro latte appena raggiunto il livello minimo di concentrazione legale (MLR) dovrebbe essere stato usato per la produzione dei prodotti citati nell’articolo. È praticamente impossibile che questo possa essere avvenuto nella realtà perché del tutto incompatibile economicamente e legalmente con l’allevamento del bovino da latte. Infatti, se le bovine avessero richiesto una tale mole di trattamenti vorrebbe dire che non erano in grado di produrre latte e chi gli allevatori avrebbero speso cifre enormi e insensate per trattamenti farmacologici inutili.”

Quindi possiamo dire che non corriamo rischi e che si tratta solo di allarmismi privi di fondamento?

Per quanto riguarda la presenza delle sostanze incriminate nei latti testati, visto che sono rispettati i limiti di sicurezza, direi proprio che non corriamo rischi.

Il latte in Italia è un prodotto di altissima qualità e sicurezza, ed è materia prima per moltissimi prodotti italiani che vengono apprezzati nel mondo. Tuttavia, ha oggi molti nemici che attraverso diversi mezzi ne determinano un minor utilizzo, questo non porterà a migliorare la salute della popolazione, ma otterrà esattamente l’effetto contrario.”

27 Febbraio, 2020