La leggenda narra che un commerciante arabo viaggiò attraverso il deserto con del latte in una bisaccia fatta di pancia di pecora come piatto.
L’azione del calore, degli enzimi della bisaccia e del moviemento, acidificandoo il latte, lo trasformarono in “formaggio”.
Latte, fermenti, movimento, acidificazione: un legame c’è ma non fa storia, stando a quella ufficiale che invece tira in ballo gli antichi greci.
Anche in questo caso è necessario partire da lì per scoprire l’etimologia della parola “formaggio”.
Deriva infatti da “formos”, termine usato per indicare un cesto di vimini in cui viene posta la cagliata per modellarlo.
Il “formos” divenne poi la “forma” per i romani, poi “fromage” per i francesi e infine “formaggio” per gli italiani.
IL FORMAGGIO PIÙ ANTICO DEL MONDO
Tuttavia, c’è una conferma oggettiva e più recente datata 2014.
Infatti il formaggio più antico del mondo è stato ritrovato nel petto e nel collo di una mummia ritrovata nel nord-ovest della Cina (deserto del Taklamakan) nel 1615 aC. Si tratta di tipiche offerte fatte dai vivi ai morti per il loro viaggio nell’aldilà.
Sui corpi di 10 misteriose mummie dell’età del bronzo sono stati ritrovati i pezzi di formaggio conservati in un ambiente quasi sigillato.
L’analisi dei reperti ha mostrato che si trattava di un formaggio a coagulazione lattica e quindi trasformato senza l’uso di caglio, ma era per molti aspetti simile al kefir, per l’azione di lactobacilli e saccaromiceti, derivato del latte che avrebbe origini caucasiche.
Inoltre, dall’analisi effettuata è emerso che il formaggio in questione era povero di sale e quindi disponibile per il consumo locale.
LA STAGIONATURA DEI ROMANI
Tuttavia, in una storia così affascinante, la componente mitologica non può mancare. Tra questi, l’uso del formaggio si fa risalire ad Apollo e ad Aristio, figlio della fata Cirene.
Quest’ultimo insegnò agli uomini l’arte casearia, l’arte della pastorizia e dell’apicoltura. Ancora nel mito ha avuto un ruolo anche la nutrice di Giove, Amarcia, proprietaria di una famosissima capra cretese.
Tuttavia, in termini di valore energetico, il formaggio è considerato un alimento particolarmente adatto per gli atleti che gareggiano alle Olimpiadi.
I romani erano anche produttori e consumatori di formaggio. Oltre al latte di capra, iniziarono a utilizzare anche quello di vacca (usato raramente dai predecessori perché ritenuto dannoso) e impararono a farli stagionare.
La prima classificazione di Marco Terenzio Varrone illustra i principali tipi di formaggio consumati nel II secolo aC (vaccini freschi e stagionati, caprini e ovini) e nel De rustica documenta come i gusti del giorno prendessero di mira i formaggi di lepre o caglio di capretto al posto dell’agnello.
E gli Etruschi? Sì, prendono il loro. Migliorare l’uso e la tecnologia di applicazione dei coagulanti di origine vegetale come il latte di cardo e fico. Tuttavia, quegli agnelli o bambini ne incontrano di più.
I ben informati romani arrivarono anche ad utilizzare lo zafferano e l’aceto.
Inoltre, per velocizzare la maturazione dei formaggi, li misero sotto pressione con pesi forati (pressatura). Ebbene sì..la vera e propria arte casearia. Si diffusero nelle terre conquistate.
Risale infatti al 58 d.C. Il primo formaggio prodotto in Svizzera, secondo Plinio il Vecchio, che parlava della tribù elvetica. Gli inglesi, invece, erano in ritardo. Dovremo aspettare fino al 120 d.C., sotto l’impero di Adriano.
DA CIBO POVERO A NOBILE
All’interno delle tavolate “nobili” dalla fine del XIII al XV secolo cominciarono ad apparire le testimonianze sulla diffusione del formaggio.
Originariamente come ingrediente di piatti delicati, poi più pesanti. Talmente tanto che veniva usato come piatto alla mensa del Papa, e alle nozze dei De’ Medici e degli Estense servivano abbondante parmigiano.
I pedaggi e le tasse correnti dimostrano che, almeno dal XIII secolo, i formaggi di diversa qualità circolarono sulle strade italiane e attraverso i passi alpini, raggiungendo spesso mercati lontani dalle loro origini.
In quei secoli esistevano fondamentalmente due tipi di formaggi italiani: il Marzolino, dalla Toscana, così chiamato per la sua produzione nel mese di marzo, e il Parmigiano, dalla Cisalpina, sempre per la sua produzione nel mese di maggio, detto “maggengo”, questo finché i monaci non si scatenarono.
A partire dal XII secolo proprio nelle Abbazie di Moggio Udinese, Chiaravalle, San Lorenzo di Capua, nacquero il Montasio, il Grana e la Mozzarella di bufala. E queste diedero via tante altre tipologie diventate col tempo patrimonio dell’alimentare italiano.
24 Marzo 2022